martedì 21 febbraio 2012

Per Obama le cose si mettono bene.
Ma il percorso è ancora lungo

Un campo avversario diviso e litigioso, il tasso di disoccupazione in decisa discesa e il presidente Obama che risale nei sondaggi. I democratici sembrano avere tutte le ragioni per essere ottimisti in vista del voto per le elezioni presidenziali. Ma molti nel partito sono preoccupati per questa ventata di positività: tutto infatti può ancora cambiare in un istante, e non è il caso di rilassarsi e dormire sonni tranquilli. Basterebbe pochissimo per riaprire completamente una partita che, tra l'altro, è ancora ben lontana dall'essere chiusa: qualche indice economico che vira in negativo, l'indicazione chiara di un vincitore tra i candidati repubblicani che galvanizzi l'elettorato e porti gli indipendenti a schierarsi. Una sola di queste due cose basterebbe per rendere l'avvenire del partito dell'asinello molto incerto.


Il senatore della Pennsylvania Bob Casey la spiega chiaramente: "So che adesso le cose sembrano andare bene, ma so soprattutto che solo due mesi fa era tutto diverso. Le cose cambiano molto velocemente, e al momento tutto dipende dal lavoro". Già, il lavoro: nessun presidente dai tempi di Roosevelt è mai stato rieletto se il tasso di disoccupazione era superiore al 7,5%, e oggi negli States si aggira attorno all'8% abbondante. Anche se molti fanno notare come sia importante soprattutto la tendenza, che negli ultimi mesi è sempre stata positiva e ha accompagnato verso l'alto anche l'indice di gradimento di Obama.

Lo stesso partito democratico adesso sembra più convinto del suo leader: se fino a poco fa si sentivano facilmente lamentele per la decisione di Obama di non attaccare i repubblicani a tutto spiano, oggi tutti si stanno rendendo conto che la posizione assunta dal presidente, più distaccata dalle lotte politiche di basso rango, sta mietendo successi. Per il momento, almeno: "Le cose cambieranno altre sei/sette volte prima che si vada al voto - spiega il senatore Jon Kyl - I tempi sono molto mutevoli, e non bisogna ignorare che ci sono all'orizzonte situazioni internazionali molto delicate che potrebbero fare il loro prepotente ingresso nel dibattito elettorale". L'incognita di Ahmadinejad e dello spettro di una guerra con l'Iran potrebbe cambiare improvvisamente lo scenario, e non solo per quanto riguarda le elezioni.

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