lunedì 20 febbraio 2012

I repubblicani a caccia di un nuovo anti-Obama

Rick Santorum e Newt Gingrich (per non parlare di Ron Paul) proprio non piacciono ai leader repubblicani. E Mitt Romney continua a trovarsi in serie difficoltà. Qual è la soluzione? Un nuovo candidato da presentare al più presto, appena prima o appena dopo il SuperTuesday del 6 marzo, che convinca tutti e riesca a imporsi sugli altri candidati in tempo per preparare una campagna elettorale vincente contro Obama. Il nome dell'uomo che dovrà incaricarsi di salvare il partito repubblicano dalla misera figura che gli si prospetta è stato trovato: il governatore dell'Indiana Mitch Daniels, balzato agli onori della cronaca per la sua risposta al discorso sullo stato dell'Unione del presidente. In alternativa il governatore del New Jersey Chris Christie. E' davvero possibile ribaltare il tavolo delle primarie e imporre un nuovo candidato?


Il presidente del GOP in Indiana, nonché uno dei consiglieri più vicini a Daniels, Eric Holcomb conferma decisamente i rumors: "I sussurri sono diventati grida e il bussare alla porta del governatore si è trasformato in battere i pugni. I repubblicani sono preoccupati che nessuno dei quattro candidati possa battere Obama, quindi continuano la loro caccia. E Daniels è diventato molto popolare dopo la risposta al presidente". Un problema di non facile soluzione è però costituito dal fatto che Daniels non ha nessuna intenzione di giocarsi le sue chance alla Casa Bianca contro un candidato come Obama e in un momento di difficoltà per i repubblicani. Già l'anno scorso aveva gentilmente declinato l'offerta, nonostante fosse appoggiata da personalità del calibro di Nancy Reagan e Henry Kissinger.

Non solo, le effettive possibilità di introdurre un nuovo candidato a questo punto delle primarie sono molto risicate e sembrano più che altro un esercizio di immaginazione per tenere lontano gli incubi che agitano i sonni dei maggiorenti del GOP. Incubi così brutti da aver portato alcuni di loro a immaginare una candidatura dell'ex governatore della Florida Jeb Bush, senza troppo preoccuparsi di quale sarebbe l'effetto di riproporre il cognome Bush nella corsa alla Casa Bianca.

Operazione disperate dell'ultimo secondo, causate dalla continua crescita delle chance di Obama di ottenere un secondo mandato e dalla paura che i democratici riescano a riprendersi in mano il Senato e mantenere la maggioranza alla Camera, condannando i repubblicani ad almeno due anni di irrilevanza. Scenari plausibili soprattutto se a vincere dovesse essere il radicale Santorum, motivo per cui molti continuano semplicemente, e più realisticamente, ad augurarsi che alla fine Romney, grazie alla sua organizzazione, riesca a mettere insieme una prova di forza che gli garantisca la nomination. Ma anche se così fosse, il timore è che queste primarie fratricide proseguano ancora a lungo per poi arrivare alla convention di Tampa, che decreterà lo sfidante di Obama, senza una maggioranza chiara.

Si parla infatti già molto tra gli insider di come gestire eventuali pesanti complicazioni durante la convention. Complicazioni come, per esempio, l'effettivo voto dei delegati non vincolati a rispettare l'indicazione degli elettori. E non sono pochi, visto che ci sono almeno trenta stati e territori i cui delegati hanno in realtà le mani libere (anche se tendenzialmente nessuno esercita questo diritto), e nella maggior parte degli stati i delegati sono obbligati a rispettarli solo nel primo giro di consultazioni. Se dal primo giro non dovesse emergere un candidato, avranno libertà di scelta. "Il piccolo segreto è che, alla fine, queste persone possono votare chi vogliono - spiega un anziano leader dei repubblicani a Politico.com - ogni stato ha regole diverse sui delegati".

Romney al momento è in netto vantaggio nella conta dei delegati, ma manca ancora molto alla fine, e c'è la seria possibilità che non riesca a ottenere una chiara maggioranza fino ad aprile, quando voteranno molti stati in cui il vincitore si accaparra tutti i delegati in palio. Ma è possibile che neanche dopo emerga una chiara maggioranza di delegati, con il rischio che si vada a una convention contestata, senza che nessuno possa vantare più del 50% dei delegati. Soprattutto se, come sembra finora, nessuno dei quattro candidati abbandonerà la corsa. Ed è proprio per evitare questo che i leader del GOP continuano a sognare un nuovo candidato che riporti la calma nel partito, ottenendo numerosi delegati negli stati del dopo-SuperTuesday e poi sfilandone altri agli avversari nel momento in cui inizierà la convention.

Oppure c'è l'opzione estrema: un nuovo candidato trasportato direttamente alla convention per mettere insieme un accordo e prendersi il numero necessario di delegati. Ma uno scenario di questo tipo, per quanto possibile, rischia veramente di spaccare il partito. Se però nessuno dei quattro candidati riuscisse a ottenere una maggioranza dopo le prime votazioni, ecco che si creerebbe l'apertura necessaria perché i leader del GOP riescano a catapultare un loro uomo.

Anche perché se nessuno arriverà a Tampa con una chiara indicazione, agli elettori il messaggio che arriverà sarà uno solo: "Nessuno di questi candidati ha soddisfatto gli elettori, e quindi nessuno di loro può battere Obama". Se ci si trovasse in una situazione del genere, meglio avere pronto un piano d'emergenza.

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