lunedì 26 marzo 2012

La corsa di Santorum finirà in California (al più tardi)

Una netta e attesa vittoria in Louisiana non cambierà gli esiti delle primarie: un po' perché a questa tappa elettorale è stata riservata poca attenzione mediatica (gli statunitensi al momento sono presi dalla discussione su Obamacare, le tensioni con l'Iran, il viaggio del presidente in Corea del Sud e altro ancora), un po' perché i delegati che Santorum ha conquistato nello stato del Sud sono troppo pochi per cambiare la situazione. Questione chiusa, dunque? Quasi. Per Santorum resta ancora una via da percorrere, è molto stretta e sembra comunque destinata a scontrarsi contro un muro invalicabile chiamato California.

Il prossimo mese sarà quello decisivo: degli 8 stati in cui si voterà ad aprile solo in due di questi Santorum ha delle chance (Wisconsin e Pennsylvania), mentre gli altri sei (Rhode Island, Delaware, D.C., New York, Connecticut, Maryland) sono saldamente in mando a Romney, come da tradizione moderata del nord-est. Il mese di aprile può quindi essere fatale per il candidato italo-americano, le cui speranze di continuare la corsa poggiano su una sola possibilità: arginare Romney nel momento a lui più favorevole, per rimanere vivo e guardare avanti. Per riuscirci è indispensabile vincere in Wisconsin il 3 aprile e in Pennsylvania il 24. In questo modo, in entrambe le tornate elettorali Santorum avrà materiale per annunciare di essere ancora in vita, togliendo un po' di spazio al trionfo del moderato mormone. In Wisconsin la situazione sembra però essersi ribaltata: se fino a poche settimane fa il social-conservatore di origini italiane sembrava avere in mano la situazione, ora è Romney a essere passato in vantaggio.

Manca una settimana e ribaltare nuovamente la situazione sembra molto difficile, soprattutto se gli statunitensi continueranno a essere così distratti. Ma mettiamo il caso che Santorum riesca: a questo punto può lasciare perdere tutti gli altri e concentrarsi esclusivamente sul "suo" stato, la Pennsylvania, dov'è cresciuto e di cui è stato rappresentante al Senato. Vincere qui è indispensabile, se non dovesse farcela tanto varrebbe gettare la spugna. I sondaggi al momento lo danno nettamente in vantaggio, e anche se ci sono segnali di pericolo, probabilmente Santorum riuscirà a spuntarla.
Ed ecco che potendo annoverare due importanti vittorie in mezzo allo strike di Romney, Santorum potrà guardare con un filo di ottimismo al mese di maggio, in cui dopo il doloroso viaggio nel nord-est degli States le primarie si sposteranno in stati più amichevoli, tra cui l'importantissimo Texas. Ma se anche riuscisse a impedire a Romney di raggiungere a maggio la fatidica quota 1.144 delegati, questo sarà probabilmente il canto del cigno del candidato italo-americano, che nei primi giorni di giugno si scontrerà con quello che al momento sembra l'ostacolo decisivo e che porrà a termine la sua comunque gloriosa (per come è riuscito a condurre una campagna che sembrava avere zero chance) marcia: la California. Nel Golden State Santorum ha zero chance di vincere, e vista l'importanza dello stato, gli altri cinque in cui voterà il 5 giugno avranno importanza nulla.

Qui Romney, al più tardi, sancirà la sua vittoria, per poi fare un bagno di folla nel super-mormone Utah il 26. Ma per Santorum queste primarie rappresentano comunque una vittoria: essere riuscito a mettere così in difficoltà un candidato pieno di risorse, che ha messo in piedi una macchina elettorale travolgente, rappresenta un grande successo. E a 55 anni, la carriera politica del nuovo punto di riferimento dell'ala conservatrice del GOP è ancora lontana dal concludersi.

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