martedì 17 gennaio 2012

Tutti contro Romney durante il dibattito repubblicano

E' stato uno dei dibattiti più vivaci fino a questo momento, in grado di far dimenticare la soporifera accoppiata pre-New Hampshire. Il copione seguito è sempre il solito: tutti contro Romney, a cui è stato chiesto contro del suo lavoro alla Bain Capital, di quando mostrerà la dichiarazione dei redditi, di come si sia comportato come governatore del Massachusetts. Ma il momento più duro da affrontare è stato l'attacco di Santorum sulla possibilità di voto per chi è stato in prigione o è in libertà condizionata. Attaccandolo da sinistra, stranamente, Santorum ha chiesto a Romney se non pensa che chi è stato in prigione abbia il diritto di riconquistare il diritto di voto. Una trappola in cui Romney è caduto, visto che dopo aver risposto "non credo che persone violente debbano avere il diritto di voto", gli è stato chiesto conto di come mai allora non si fosse opposto alla permissiva legge in materia del Massachusetts.

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Oltre al leitmotiv del "tutti contro Romney" e del "tutti-compreso-Romney contro Obama", durante il dibattito è stato trovato tempo anche per parlare di politica estera. Il più fischiato dalla folla è stato il libertario Ron Paul, che ha affermato come "la nostra nazione non dovrebbe fare ad altre quello che non vorrebbe che altre nazioni facessero a lei", seguendo un principio biblico che non è stato apprezzato. Più adatta al tono repubblicano la frase secca di Romney, che parlando del Mullah Omar e dei Talebani ha detto: "Dobbiamo prenderli ovunque siano e ammazzarli".

Buona la prova di Gingrich, rinvigorito dai sondaggi che lo danno nettamente avanti al suo rivale diretto Santorum: la proposta di assumere part-time ragazzi di aree difficile per farli lavorare nelle scuole del loro quartiere gli è valsa una standing ovation da parte del pubblico. 

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