lunedì 16 gennaio 2012

Perché Huntsman non aveva chance

Jon Huntsman
"Dove ha sbagliato Jon Huntsman? Si è candidato nel 2012 invece che nel 1988". Così la vicepresidente del democratico Center for American Progress, Daniela Gibbs Leger, ha spiegato la ragione del ritiro di Huntsman dalla corsa per le presidenziali. Una frase che la dice lunga su che tipo di candidato l'ex ambasciatore cinese fosse, e su quanto sia cambiato il GOP negli ultimi vent'anni grazie a massicce dosi di neo-con, teo-con, tea party e compagnia.


Come ha sottolineato Federico Rampini su Repubblica, Jon Huntsman sembra l'erede del Partito Repubblicano di Eisenhower e Bush padre, un partito repubblicano nel vero senso della parola, con posizioni di centro-destra e liberal-conservatrici. Un partito lontano anni luce da quello iper-religioso di oggi, i cui candidati implorano l'appoggio del Tea Party e in cui saper parlare una lingua straniera viene visto come una dimostrazione di "scarsa americanità". Non solo Mitt Romney, che riceverà l'appoggio dell'ex ambasciatore, è stato messo all'indice perché in grado di parlare francese (orrore!), ma anche Huntsman ha dovuto subire attacchi frontali per il fatto di saper parlare mandarino e aver servito come ambasciatore in Cina sotto il governo Obama. Un candidato dalle credenziali non gradite e dalle posizioni troppo moderate per delle elezioni primarie che vedono la base elettorale a caccia del candidato che ha più bava alla bocca mentre parla di Obama.

A Huntsman non poteva bastare la buona prestazione in uno stato-amico come il New Hampshire, dove ha raccolto il 16% dei voti, per continuare la corsa. Soprattutto visto che il momento di visibilità non aveva prodotto significativi rialzi a livello nazionale e in South Carolina. Inutile quindi continuare a sprecare soldi per una campagna elettorale che non è mai decollata, meglio ritirarsi prima del voto nello stato del sud e gestire il momento dell'uscita di scena, visto che da domenica prossima i riflettori saranno puntati sul ritiro, molto probabile, di Rick Perry.

Al di là dei fattori "sistemici", la campagna elettorale di Huntsman è stata poco incisiva: la decisione di saltare i caucuses in Iowa ha fatto sì che di Huntsman non si parlasse nel momento in cui tutti i candidati erano ai nastri di partenza e il mondo intero parlava delle primarie. E lo stile low-profile non ha aiutato a far parlare di sé in seguito, mentre gli altri candidati giocavano a chi urla più forte. Una situazione poco favorevole che anche Huntsman aveva intuito, e che lo aveva portato a cambiare atteggiamento durante i dibattiti pre-New Hampshire, andando all'attacco di Romney e rispondendo a chi lo attaccava per il suo servizio come ambasciatore sotto il governo Obama con una battuta che resterà l'apice della sua campagna: "La mia nazione viene prima di tutto". Ma è stato troppo poco e troppo tardi per risollevare una candidatura che ha avuto fin dall'inizio gravi problemi economici. E il tentativo degli ultimi giorni, non riuscito, di racimolare fondi a New York deve aver messo la parola fine a ogni chance.

Un candidato moderato, ex governatore dello Utah e mormone. Ricorda qualcuno? L'essere in qualche misura un "doppio" di Mitt Romney non lo ha agevolato, ma la domanda sorge spontanea: perché Romney è saldamente in testa mentre Huntsman si ritira? La spiegazione va cercata in logiche strettamente elettorali: la campagna di Romney viene preparata dal 2008 ed è stata studiata alla perfezione fin dal primo momento senza lasciare nulla al caso, in più Romney ha lottato fin dall'inizio per imporre un'immagine che fosse il meno moderata possibile, senza che questo gli alienasse l'appoggio degli elettori moderati (sì, esistono). Infine, e soprattutto, Romney non ha mai avuto problemi con quello che è l'argomento più importante in assoluto nelle campagne elettorale U.S.A: i soldi.

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