giovedì 26 gennaio 2012

E' già finito il momentum di Gingrich?

Queste primarie repubblicane ci hanno abituato a vedere rapide ascese e altrettanto veloci crolli verticali. E' stato il caso della Palin, di Cain, di Perry e in parte di Santorum, il cui momento di gloria è durato non più di tre settimane. Sembra un caso diverso quello di Newt Gingrich: l'ex speaker della camera si è risollevato dalla polvere mentre molte voci già lo volevano sul punto di ritirarsi per fare strada a Santorum. Invece è riuscito a portare a casa un'inaspettata (a dir poco) vittoria in South Carolina ponendosi prepotentemente come unico possibile competitor di Romney. E le sue costanti ottime prestazione nei dibattiti, oltre alla capacità di entrare in connessione con il popolo e interpretarne le istanze (cosa che a Romney proprio non riesce), sembrano offrirgli la chance di restare in corsa fino alla fine e mettere seriamente in discussione l'esito di queste primarie. Però...


Non ci sono stati grandi stravolgimenti questa settimana: il dibattito di pochi giorni fa, nonostante la buona prestazione di Romney, non ha sparigliato le carte in tavola e nelle ultime ore l'attenzione si è spostata su Obama e sul suo discorso sullo stato dell'Unione. Eppure in soli tre giorni e quattro sondaggi la situazione si è invertita, Romney ha ripreso il controllo della corsa in Florida e il suo vantaggio continua ad aumentare. Tre giorni fa Gingrich era avanti di cinque punti (38 a 33%), un secondo sondaggio apparso durante la stessa giornata li dava invece appaiati al 33%. Martedì la prima sorpresa: Romney sale al 36% e stacca di due punti il rivale. Infine mercoledì il sondaggio che non t'aspetti: Romney al 40% e Gingrich al 32%.

Cos'è successo? Gingrich ha dovuto subire il cambio di marcia di Romney che ha cominciato ad alzare il livello dello scontro durante il dibattito, accusandolo di essere un lobbysta corrotto, rinfacciandogli il suo contratto con Freddie Mac e l'essere stato l'unico speaker della camera a lasciare il suo incarico per scandali finanziari. Il tono di Romney si è fatto chiaro: "Può quest'uomo essere il vostro presidente?". Peccato che poi la gaffe sulla "auto-deportazione", come soluzione per l'immigrazione illegale, sembrava aver compromesso la buona performance in uno stato in cui il voto dei latinos è fondamentale come la Florida.

Ma nonostante la gaffe, la verità è che l'immagine di Romney da candidato moderato, rispetto a Angry Newt, gli garantisce i favori della comunità latina, nonostante sulla questione immigrazione non si capisce chi tra i due sia più a destra. Romney conquista il 35% delle preferenze tra gli ispanici, mentre Gingrich si ferma al 20%. Motivo per cui lo staff dell'ex speaker sta cercando di dipingere il candidato mormone come pesantemente anti-immigrazione. Ma tra i due, l'unico che sembra potersi garantire il voto della comunità latina è il presidente in carica: Barack Obama. Che riproponendo il "Dream Act", riforma per garantire un futuro ai giovani immigrati illegali che facciano il servizio militare o studino, è decisamente risalito nel gradimento degli ispanici.

E proprio Obama potrebbe essere, a livello federale, una delle ragioni per cui Gingrich sta cominciando a perdere terreno. I sondaggi mostrano chiaramente come una sfida che veda contrapposti il presidente contro l'ex speaker vedrebbe vincitore Obama con un ampio margine di vantaggio, che oscilla tra i 7 e i 10 punti. Una sfida Obama-Romney si configura invece come più delicata: tra il pareggio e i cinque punti di vantaggio per il presidente in carica. Un dato che ci dice come, una volta entrati in campo gli indipendenti, l'immagine da falco di Gingrich - che gli permette di galvanizzare la base repubblicana - diventi un handicap (e queste cose gli elettori le fiutano). Ma un dato che ci dice anche come Obama sia in vantaggio contro entrambi i papabili candidati repubblicani. E la sua campagna elettorale non è praticamente ancora cominciata.

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