mercoledì 15 febbraio 2012

Il programma fiscale (ed elettorale) di Obama

La presentazione del piano fiscale (la finanziaria) di Barack Obama per il 2013 è il secondo fondamentale tassello della sua campagna elettorale, dopo il discorso sullo stato dell'Unione. E mostra un presidente seriamente intenzionato a recuperare consensi nella sinistra americana.

C'era una volta un tempo in cui il momento in cui un presidente svelava il budget annuale al Congresso era vissuto con una certa suspence ed era un momento cardine della vita politica statunitense, circondato da un importante alone di seriosità. Ma in anno di elezioni diventa principalmente un'anticipazione di quella che sarà la strategia elettorale. E questo spiega anche perché Obama abbia deciso di attraversare il fiume Potomac e tenere il suo discorso in un college della Virginia invece che a Washington. Perché la Virginia? Perché è uno stato in bilico tra democratici e repubblicani, e quindi di importanza capitale in ottica elettorale.

Il progetto fiscale del presidente, che punta ad aiutare la classe media a spese dei ricconi americani e dei tagli fiscali voluti da Bush figlio & co., è stato scritto tenendo bene in mente quello che una parte importante degli elettori si aspettano da Obama. O almeno quello che Obama crede che loro si aspettino. "Molte persone pensano che io stia ingaggiando una lotta di classe. Beh, chiedere a un miliardario di pagare almeno quanto la sua segreteria non è lotta di classe, è buon senso. Warren Buffett se la cava bene, io me la cavo bene e non abbiamo bisogno di questi tagli alle tasse, voi ne avete bisogno", ha detto il presidente parlando all'auditorium del college della Virginia. Obama si riferisce alla Buffett Rule, che prende il nome dal finanziere americano e che prevede di non far pagare una tassa inferiore al 30% a chi guadagna più di un milione di dollari l'anno. Sembrerà assurdo nella vessata Europa, ma molti milionari negli States pagano meno tasse delle loro segretarie. Obama punta anche ad alzare al 35% la tassazione sui dividendi, per poi aumentarla ancora al 40% l'anno successivo.

L'obiettivo finale è una riforma fiscale bipartisan, impossibile da ottenere in periodo di elezioni. Per questo motivo il progetto del Presidente è di mettere fine all'assortimento di scappatoie dalle tasse, in modo da ampliare le entrate fiscali, e porre termine quest'anno ai tagli decisi da Bush che privilegiano chi guadagna più di 250mila dollari l'anno. Presentando le sue proposte Obama ha nuovamente posto sull'accento su quello che è il suo slogan di fatto: condividere le responsabilità. "Il budget che sto illustrando riflette il concetto di responsabilità condivise. Abbiamo dovuto compiere delle scelte".

E' ormai evidente come Obama non abbia intenzione di tagliare le spese statali in un momento in cui l'economia statunitense sta iniziando a vedere una flebile luce in fondo al tunnel, anzi. L'obiettivo è proprio continuare a sostenere l'occupazione e la ripresa economica, rimandando la riduzione del deficit all'anno successivo. Quella di Obama è una finanziaria che fa poco per scuotere il dibattito sul deficit o per fare pace con i repubblicani, ma che dovrebbe galvanizzare un po' la sua base elettorale.

I vari target elettorali che Obama spera di recuperare con le sue proposte sono abbastanza evidenti, a partire proprio dal fatto che ha tenuto il suo discorso in un college. Gli studenti universitari sono infatti il noccio più duro dei supporter di Obama, ma in buona parte oggi ne sono delusi. Ed ecco che Obama, mentre taglia da altre parti, aumenta di 2,5 punti le spese per l'istruzione, facendo piovere un bel po' di soldi nelle comunità universitarie, negli aiuti finanziari e nelle deduzioni fiscali.

Anche i sindacati hanno motivi per gioire: Obama ha stanziato 476 miliardi per le infrastrutture, un aumento del 50% che, secondo il presidente, garantirà migliaia di nuovi posti di lavoro nel settore industriale. Altri alleati chiave di Obama sono insegnanti e infermieri: per i quali sono stati stanziati 30 miliardi per evitare licenziamenti a livello statale e locale.

Un punto cardine del presidente è da tempo quello di rivitalizzare le industrie manifatturiere: quelle che creeranno posti di lavoro avranno sgravi fiscali, quelle in cui si sta licenziando avranno sei miliardi in assistenza mirata. Le industrie che vogliono dotarsi di tecnologia avanzata avranno sgravi raddoppiati. Un modo anche per aiutare l'industria bellica e tutto ciò che gli sta attorno, visto che con i pesanti tagli al settore della difesa potrebbero andare anche loro incontro a serie difficoltà.

E banche e compagnia bella? Beh, se la vedranno un po' più dura: le banche dovranno fare fronte a una tassazione pari a 61 miliardi, il doppio dell'anno scorso, i cui introiti serviranno per aiutare il rifinanziamento dei mutui. Mentre le compagnie petrolifere e del gas rischiano di perdere 41 miliardi di dollari in sussidi.

E' difficile che molte di queste misure possano venire approvate da un congresso ancora in mano al GOP. Anche perché il piano di Obama rende la vita facile ai falchi repubblicani, che lo accusano di non aver mantenuto la promessa di abbattere il deficit statale, che nel 2012 raggiungerà i 1.300 miliardi di dollari. Il doppio di quanto Obama aveva promesso. La decisione del presidente è pero chiara: mettere la riduzione del deficit in secondo piano rispetto alla creazione di posti di lavoro, in un momento in cui già la disoccupazione è in calo. Sperando che questa mossa possa lanciare gli States verso l'uscita dalla crisi.

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